sabato 18 luglio 2015

Da parcheggio a giardino: la lezione di Beth Chatto

Nel 1960, una giardiniera, tale Beth Chatto, data di nascita 26 giugno 1923, dopo anni di studio sulle piante nei loro ambienti naturali decide di coltivare un'area grande tre ettari di proprietà della sua famiglia. Si tratta di un terreno fino allora considerato arido, inadatto a piantumare romantiche bordure di strabordanti delphinium e lupini come da tradizione inglese, e quindi lasciato in stato di semiabbandono. La zona in cui si trova, a 7 km da Colchester, sud-est di Londra, ha un clima poco piovoso. La signora Chatto si mette all'opera, per dimostrare a se stessa e a tutti che anche in condizioni avverse si può sviluppare un egregio pezzetto di verde: saranno gli inizi di un giardino che diventerà, per gli appassionati, una sorta di leggenda.




Il mantra della signora Chatto, sulla scorta delle ricerche ecologiste condotte dal marito Andrew Chatto e da lei attentamente assimilate, ispirata dagli ultimi lavori giardinicoli di Sir Cedric Morris, pittore inglese appassionato di botanica, è: coltivare in condizioni di aridità piante che resistono alla scarsità d'acqua, oppure coltivare in zone d'ombra piante che non chiedono posizioni soleggiate. Sembra una banalità, ma la conquista è abbattere i pregiudizi che vogliono che i giardini debbano nascere in qualsiasi circostanza a costo di pesanti interventi umani in fatto di irrigazione o di qualità della terra. Per la Chatto, non si deve adattare un terreno al giardino, ma il giardino alle risorse che quel terreno gli dà. Si tratta di un'anticipazione delle svolte ecosostenibili che di lì a qualche decennio detteranno i nuovi indirizzi del giardinaggio mondiale.





I Beth Chatto Gardens, dicevamo, si estendo su tre ettari e si dividono in più sezioni: il Gravel Garden (il giardino ghiaioso), il Water Garden (il giardino acquatico), il Reservoir Garden (il giardino-serbatoio, vicino a una fattoria), il bosco-giardino, lo Scree Garden (il giardino del ghiaione, annesso all'abitazione della proprietaria). Come i loro nomi suggeriscono, ogni settore ha una specificità diversa a seconda della sua dislocazione (ad es. nel sottobosco) o per la presenza di un particolare ambiente (il laghetto, o, nel caso del Reservoir Garden, il riporto di uno strato di terreno sopra alla ghiaia perchè funga da riserva idrica - un serbatoio).

La vegetazione intorno al laghetto.

Alcune aiuole nel Reservoir Garden.

Immancabili geranium risaltano sul verde acido dell'Alchemilla mollis.

La parte forse più curiosa, e di più recente creazione, è il giardino ghiaioso, nato nei primi anni Novanta dalla trasformazione del vecchio parcheggio in un giardino di ispirazione mediterranea. Inizialmente, un semplice esperimento dei coniugi Chatto: lo spazio è lasciato solo a piante resistenti alla scarsità d'acqua e coltivate senza ricorrere ad alcun impianto di irrigazione. Il terreno, un misto inospitale di sabbia e ghiaia, è stato nel tempo arricchito di humus ricavato dalle compostiere dei giardini. A vederlo adesso, questo ex parcheggio, con i suoi papaveri, le nigelle, le hebe, le rose e i ciuffi di salvia ornamentale, sembra impossibile che vent'anni fa fosse solo uno spiazzo sterrato per farci stare le auto. 
Il segreto per rendere bello un giardino mediterraneo, caratterizzato da annuali ed erbacee di per sè non dotate di un aspetto florido e generoso? Coltivare le piante in gruppi, insegna Beth Chatto nei suoi manuali, perchè formino cespugli folti e quindi maggiormente espressivi.

Un giardiniere al lavoro nel Gravel Garden, l'ex parcheggio.


L'angolo delle piante grasse, tutte coltivate in vaso. Dietro sono appesi ad asciugare i grembiuli verdi dei giardinieri che aiutano la signora Chatto.

Da parte dei giardinieri dei paesi mediterranei non sono mancate le critiche verso gli studi di Beth Chatto sul Gravel Garden. La signora ha pubblicato un libro a riguardo nel 1978, intitolato appunto The dry garden, applauditissimo in patria, ma pietra dello scandalo che ha sollevato contestazioni all'estero: come si può parlare di giardino siccitoso nell'umida Gran Bretagna? di certo, per quanto lì un terreno possa essere esposto al sole e collocato in un clima mite, non subirà mai le angherie della siccità e della calura di un giardino siciliano o nordafricano...
La lezione di Beth Chatto non è stata inficiata da questi dubbi, e nel tempo ha sopportato le critiche e resistito facendo proseliti: la questione infatti per la giardiniera inglese non è mai stata il coltivare di per sè piante universalmente da terreno arido o piante universalmente da ombra, quanto dimostrare che un moderato intervento umano può aiutare un ambiente a dare il meglio di sè se se ne rispettano le peculiarità intrinseche
Beth Chatto è una maestra botanica incontestabile per il suo studio sull'uso di piante inusuali e l'accostamento originale tra di esse, nonchè per la lunga e accurata sperimentazione di convivenze tra piante, e matrimoni di fiori e foglie di colori molto diversi. Le sue bordure sono il trait d'union tra la tradizione romatica alla Gertrude Jekyll e le conquiste più spinte del giardinaggio contemporaneo.


Completa la visita turistica ai giardini l'accesso alle nurseries (il vivaio), e alla sala da tè con annesso piccolo bar, ricco di tante golosità della pasticceria inglese, tra scones, victoria sponge cakes e shortbreads.
E visto che la Chatto ci consente di fare shopping tra le sue piante preferite, ve ne presento un paio di quelle fornite dalle sue nurseries, ovviamente in versione "cammeo":
Papaver dubium lecoqii 'Albiflorum': piccola annuale (max 45 cm di altezza) dai fiori rosa, come suggerisce il suo nome botanico non si sa da dove arrivi e quali siano le sue origini, ma è ormai una presenza costante dei giardini Chatto tanto da essere soprannominata "il papaverino di Beth Chatto".
Non servono nobili alberi genealogici o il pedigree per farsi voler bene dai grandi giardinieri.







Scabiosa caucasica 'Stafa': splendide corolle di un azzurro intenso, è una perenne che cresce fino a 80 cm di altezza. Per giardini mediterranei che voglio fare i vezzosi e colorarsi di cielo.

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