sabato 24 ottobre 2015

Il giardino del giardiniere (ma non quello di Russel Page)

E' così fresco di pubblicazione questo libro che, quando lunedì sono arrivata alla cassa della Feltrinelli della mia città, il commesso lo ha guardato stupito chiedendosi quando fosse capitato in vetrina. Non lo aveva ancora notato. Si tratta di Il giardino del giardiniere, di Madison Cox, edito da Phaidon, 2015, da qualche giorno finito nelle mie "grinfie". Un tomo colossale, nato dalle fatiche di un numeroso team di esperti, e pure costoso, 470 pagine per euro 49.90: un prezzo elevato, giustificato però dal profondo lavoro di ricerca che caratterizza l'opera e dall'impaginazione curata.

Il giardino del giardiniere dalla copertina posteriore aggiuntiva promette "una straordinaria panoramica sulle creazioni dell'arte del giardinaggio in ogni continente": i duecentocinquanta progetti qui selezionati, alcuni appartenenti a epoche storiche passate, "illustrano tutti i più importanti stili e tipologie degli spazi verdi, dai fasti di Versailles alla varietà dei New York Botanical Gardens, fino alle piccol oasi di tranquillità di Marrakesh e Città del Messico". I nomi dei paesaggisti coinvolti sono altisonanti: Patrick Blanc, Capability Brown, Gertrude Jekyll, Pirro Ligorio, Christopher Lloyd, Piet Oudolf, Beth Chatto e Dan Pearson sono solo alcuni dei più conosciuti.
Il proposito del libro mi ha incuriosita e anche un po' interdetta, essendo io memore del capitolo conclusivo di L'educazione di un giardiniere di Russel Page (1906-1985), che molto mi aveva affascinata quando lo lessi e che comincia così: "Questo libro avrebbe potuto in teoria intitolarsi I giardini degli altri, posto che il titolo non fosse già stato impiegato in precedenza. Io in effetti non posseggo nessun giardino e tutto ciò che ho imparato l'ho appreso lavorando nella proprietà degli altri. Ciò non toglie che mi conceda dei sogni a occhi aperti e mi piacerebbe che un giorno venissero realizzati". Ne segue la descrizione del giardino ideale di Page, un giardino che fa sognare anche chi sta leggendo, e che "dovrebbe essere piccolo e semplice, da richiedere il lavoro di non più d'un uomo, forse il mio [...]. Prima di tutto è bene dire che intendo costruire il mio giardino in Inghilterra [...]. Preferirei incominciare a partire da un vecchio giardino, non importa se in cattive condizioni o negletto [...]. Userò il mio giardino come una scatola di colori, una tavolozza e una tela, sperimenterò le combinazioni più varie di piante per i colori dei fiori, la tessitura del fogliame e il loro portamento". La descrizione di questo luogo immaginario continua ricca e articolata, perchè sarebbe un posto dedicato alla bellezza ma soprattutto un laboratorio per chi ha fatto del progettista del verde la propria professione.
Per fare un accenno all'Italia, tutto sommato mi pare di ricordare che nemmeno Ippolito Pizzetti (1926-2007) avesse un suo vero e proprio giardino, e si divertiva a descrivere come un appassionato di piante si dilettasse adattando il suo stesso appartamento (soprattutto il bagno) a una specie di serra domestica, pur di non rinunciare alla coltivazione delle sue varietà preferite.


Sfogliando Il giardino del giardiniere, ho notato che la promessa del titolo è in parte disattesa: non ci sono solo giardini "personali" (storicamente come potrebbe essere così per i giardini secenteschi di un nobile francese, che lasciava, a parte qualche propria indicazione di massima e placet finale, tutto alle facoltà del suo progettista di corte?), ma anche giardini significativi. Un libro che è un viaggio, e che una pagina dopo l'altra ci porta nei più bei luoghi dei sette continenti: Garangula in Australia, le scacchiere di Tofukuji a Tokyo,  la grandeur di Drummond Castle Gardens in Regno Unito, l'arboreto informale di Arboretum Kalmthout ad Anversa... I paesaggi classici e familiari dei giardini rinascimentali o dell'epoca del Re Sole si affiancano alle creazioni dei progettisti più recenti, più innovativi, a volte quasi trasgressivi. Nelle pagine conclusive, il libro riporta l'elenco delle mostre di giardinaggio notevoli -perchè ormai la cultura del giardinaggio di rilievo passa e si diffonde soprattutto da lì.
Bello osservare quali sono i fortunati giardini italiani che qui compaiono. Cosa piace, cosa ritengono iconico all'estero dell'Italia giardiniera? Eccoli tutti: l'Isola Bella sul lago Maggiore, La Mortola, il Giardino Giusti a Verona, Villa Gamberaia, Villa Il Roseto, Villa Medici, Bomarzo, Castello Ruspoli, Villa d'Este, il Giardino di Ninfa, Villa Lante, La Mortella. Esaminando questo elenco, sono spesso giardini ad opera di inglesi, il chè mi pare molto significativo dello sguardo estero sui nostri gioielli di casa. Io avrei aggiunto almeno una villa veneta (i Giardini Giusti sono un caso un po' a sè, ci insegnerebbe Camilla Zanarotti). Per il resto, approvo pienamente le scelte italiane di Cox e del suo team.
Un'altra promessa, in questo volume, mi pare in qualche senso tradita: la copertina garantisce "un libro per tutti gli amanti dell'architettura del paesaggio, dai giardinieri dilettanti ai professionisti del settore", suggerimenti quindi per giardinieri di ogni livello. Sono un po' perplessa: fa sempre "bene", è sempre istruttivo leggere di giardini, ma un principiante che vede uno scorcio di una bordura di Piet Oudolf e pensa: "be' che ci vuole, provo anch'io", potrebbe essere tratto in inganno  e rimanere gravemente deluso dai propri risultati. L'apparente semplicità di certe idee o risultati di immagine maschera un uso sapientissimo e una conoscenza delle piante che richiede anni di esercizio e di studio. Le nozioni di botanica si affiancano alle complesse regole della progettazione su terra.
Bisognerebbe per questo scoraggiare dall'acquisto un principiante? Direi di no, se utilizza il libro come uno spunto per effettuare dei viaggi e visitare e chiedere consiglio, perchè è dai grandi maestri che si impara non solo a far giardino, ma a fare i più bei giardini. Il lettore perfetto potrebbe essere, a mio dire, un giardiniere non esperto ma che da qualche anno sperimenta le piante più varie e si è già fatto una piccola cultura in materia di progettazione.
Giungiamo a conclusione. In Il giardino del giardiniere, sì, ci sono anche i giardini sorti dall'opera di Russel Page, quelli che lui definirebbe ironicamente "degli altri": Blair Garden in Nuova Zelanda (la proprietaria seguì i consigli di Page per mantenere "l'emozione di una veduta lontana"), La Mortella (eccoci in Italia), Bass Garden in Texas, e i Donald M. Kendall Sculpture Gardens nella sede centrale della PepsiCo, a New York. Ma di fronte a tutta questa magnificenza, a questi parchi elaborati e straordinari, proprio Page ci insegna che anche un giardino "sognato" ha valore, merita una visita, anche se immaginaria; per cui terminiamo questo post con le sue parole che più mi hanno colpita:
talvolta l'idea di un giardino mio mi sembra un miraggio che si allontana; ma qualora questa visione intermittente divenisse realtà e davvero un giorno possedessi un giardino, in qualsiasi luogo fosse situato, qualsiasi fossero la sua forma e le sue dimensioni, rappresenterebbe per me una grande soddisfazione, perchè, come tutti i giardini, sarebbe un mondo in sè compiuto di cui anch'io potrei godere le bellezze.

P.S.: mia unica lamentela: con tutto quel che è costato, a Il giardino del giardiniere una sovracoperta potevano mettercela!

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